AMORE PER LA MUSICA

Una magia che si rinnova ogni giorno, ad ogni ora, e in ogni momento!
La musica non ha confini, non ha limiti, non muore mai! Sembra fatta da milioni di note eppure...
Sono solo sette, che saltellano di qua e di là, e si insinuano nei nostri pensieri.
La musica riesce a sfiorare la nostra anima a riaccendere i nostri ricordi ad esaltare le nostre emozioni.
E il mondo forse non potrebbe esistere senza!
(Stonenge, 09062009)

INFORMAZIONI PERSONALI

Certaldo, Firenze, Italy
Diretta dal Maestro Damiano Santini, la Corale Certaldese, attualmente è composta da circa trenta cantori ed è iscritta alla Associazione Cori della Toscana. Il repertorio della corale è vario; spazia dalla polifonia sacra e profana, ai canti popolari, agli spirituali, ai cori lirici. Ha partecipato a varie manifestazioni culturali ed ha tenuto numerosi concerti nelle vicine cittadine toscane ed in altre regioni italiane. Oltre a scambi culturali con altre corali italiane ed estere.
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giovedì 8 marzo 2012

GIORNO DELLE DONNE



Il mio saluto speciale a ANNA,
 che in questo anno ha fatto tanto, 
 per conto di una causa in cui crede
cerca di mantenere viva dentro di sé ... 
La Corale Certaldese. 
Sei brava mia amica!


BREVE STORIA DEL FEMMINISMO ITALIANO


La storia delle rivendicazioni femminili in Italia inizia verso la fine dell’800, anche se in quel periodo non si parlava ancora di femminismo vero e proprio.  
  La lotta delle donne era legata alla lotta di classe di tutti i lavoratori, anche se era differenziata, poichè alcuni settori della nuova industria occupavano prevalentemente manodopera femminile.  
 C’era lo sciopero delle mondine, c’era quello delle lavoratrici del tabacco, scioperavano nelle filande per le cattive condizioni di lavoro, per i salari e soprattutto per ridurre le ore lavorative da 12 a 10.  
 Soltanto dopo la prima guerra mondiale, negli anni 20, si cominciò a parlare di “emancipazione”.  
 Le donne chiedevano di poter votare, e chiedevano l’accesso alle facoltà universitarie da cui erano escluse. La prima donna medico in Italia risale a quegli anni. Le donne che guidavano il processo di emancipazione erano la Labriola, di area cattolica, la Mozzoni, repubblicana mazziniana, e la Kulishoff, socialista.

IL DOPOGUERRA
  Nel 1942 nasceva a Roma, nell’Italia ancora in guerra, la Unione Donne Italiane (U.D.I.), su iniziativa di tre donne ...
... dei nascenti partiti di sinistra: Rita Montagnani Togliatti, Maria Romiti e Giuliana Nenni.  
Contemporaneamente, entrava in scena un’organizzazione di matrice cattolica, il C.I.F., guidato da Maria Rimoldi. Il numero delle rappresentanti era esiguo: 26 iscritte per il C.I.F., più o meno altrettante per l’U.D.I. Le due diverse associazioni in qualche modo rispecchiavano quella che sarebbe stata la situazione dell’Italia nel dopoguerra, con un fronte laico e uno cattolico che spesso avrebbero visto intersecarsi i loro percorsi.
In quel periodo si iniziava a discutere quale dovesse essere il ruolo delle donne nella politica. Inizialmente il percorso non era autonomo, ma strettamente legato ai partiti di provenienza.
La spinta femminile per l’emancipazione si esaurì con il raggiungimento del diritto al voto, nel 1946.  

 IL SESSANTOTTO
 Soltanto nel 1968 si è cominciato a parlare di femminismo vero e proprio, differenziando il concetto di “emancipazione” da quello di “liberazione”.  
 Quest’ultima conteneva qualcosa in più: non c’era solo il diritto allo studio, al lavoro, alla parità di salario, ma si trattava di mettere in discussione ruoli accettati e consolidati da secoli, si trattava di rimettere in gioco i diritti civili, e quindi di rimettere in discussione la qualità della vita. Di tutti.
Nel 1970 nascono i primi collettivi femministi, all’interno dei gruppi che facevano parte del codiddetto “Movimento Studentesco”. Sono le donne di Lotta Continua, definite “gli angeli del ciclostile“, a riunirsi in gruppi autonomi di discussione, mentre la parte maschile tiene comizi e assemblee. Sono queste donne che, con felice intuizione, hanno coniato lo slogan “il privato è politico“.
 Nel 1972 i collettivi delle donne crescono e si moltiplicano in tutta la penisola. C’è il “Movimento Liberazione Donna“ (M.L.D.), c’è il “Fronte Liberazione Donna“, che nasce all’interno dei sindacati, c’è “Rivolta Femminile“, un gruppo teorico a cui aderiscono donne avvocato per studiare la riforma delle vecchie leggi e le proposte di leggi nuove.
 Il movimento delle donne cominciava ad essere propositivo. Anche se ogni gruppo agiva in perfetta autonomia, il filo che li univa era il medesimo. Punto di forza principale del movimento era il rifiuto categorico di qualsiasi ingerenza da parte dei partiti. Le riunioni erano libere, ma le donne dei partiti non avevano vita facile, per evitare infiltrazioni che permettessero poi di dare al movimento un’etichetta.
Ogni donna del movimento aveva tre numeri telefono di altre donne, da chiamare in caso di mobilitazione. Le telefonate erano così 3, 9, 27, .., e nel giro di poche ore si riempivano le piazze.

 DIRITTO DI FAMIGLIA
 Nel 1972 si cominciò a pensare di riscrivere alcune vecchie leggi che risalivano ai primi anni del fascismo, è questo portò alla approvazione del nuovo diritto di famiglia, avvenuta nel 1975.
Queste furono le innovazioni più importanti:
 - Separazione nel matrimonio fra rito religioso è rito civile.
- Riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio.
- Depenalizzazione dell’adulterio femminile.
- Comproprietà dei beni acquisiti dopo il matrimonio.
- Patria potestà riconosciuta anche alla madre.

In seguito sarebbe stata cancellata dal codice penale l’attenuante per delitti d’onore, e sarebbe cessato l’obbligo per le ragazze minorenni di accettare il “matrimonio riparatore“.  


DIVORZIO
Nel 1970 era stata approvata la legge che introduceva anche in Italia il divorzio, ma i gruppi cattolici reagirono con una alzata di scudi, e chiesero immediatamente l’istituzione di un referendum popolare per abrogarla.
 Furono però le stesse donne cattoliche a “rompere i ranghi”, ritrovandosi in molti casi a combattere per il mantenimento della legge accanto al movimento femminista. Di notte le donne affiggevano manifesti a favore del divorzio, di giorno passavano le suore a strapparli.
Anche molti uomini cattolici si dichiararono comunque in favore della possibilità di divorziare, rimandando a ciascun individuo la scelta morale.
Tutto questo portò a un chiaro fallimento del referendum, nel quale quasi il 60 per cento degli italiani votò per non abrogare la legge.

ABORTO
 Molto più travagliata e sofferta fu la legge per la legalizzazione dell’aborto, che era già in vigore in altri stati europei.
La prima stesura venne presentata nel 1970 dalla sinistra PCI–PSI-PSD, più repubblicani e radicali (c’era anche Rutelli fra loro), e fu appoggiata dai più importanti giornali italiani.
 Nuovamente il mondo cattolico, specialmente femminile, si ritrovò tutt’altro che compatto: la grande piaga dell’aborto clandestino, che colpiva le donne meno abbienti, semplicemente non poteva essere ignorata. Chi aveva possibilità economiche andava ad abortire in Inghilterra, o si affidava a medici esosi e compiacenti, oppure approfittava di cliniche private dove l’intervento veniva registrato come aborto spontaneo.  
 La DC, che al tempo aveva larga maggioranza, non avrebbe avuto nessuna difficoltà a condurre un’opposizione, ma non lo fece. Era il periodo del compromesso storico, e la DC scelse la stabilità di governo. Ma l’iter della legge fu comunque estenuante: gli stessi parlamentari della DC disertavano le sedute, soprattutto dopo che il governo Moro ebbe dichiarato, nel 1975, di ritenere quella dell’aborto una scelta individuale.
  Anche in questo caso ci volle un referendum, quello del 1981, per arrivare alla depenalizzazione dell’interruzione di gravidanza, che veniva nel frattempo regolamentata molto più adeguatamente. Al momento della ratifica, Andreotti dichiarò che la sua firma avrebbe pesato sulla sua coscienza per sempre, e che avrebbe preferito dimettersi. Poi però non lo fece, come non lo fece nessun altro senatore DC che appose la propria firma.  

CONSULTORI E ASILI NIDO
 Il movimento delle donne in quegli anni era molto forte, e con la sua presenza massiccia all’interno di organizzazioni storiche come l’UDI o le cattoliche respingeva regolarmente i chiari tentativi dei partiti di cavalcarlo.
Le richieste delle donne sull’applicazione delle nuove leggi erano mirate e precise, non generiche. La legge prevedeva i consultori? Ecco che nelle città e nei piccoli centri le donne affollavano le assemblee comunali, imponendo una “presenza” che non lasciava spazio a scappatoie.
Anche gli assessori più refrattari erano costretti a trovare in tutta fretta un locale (magari anche solo uno scantinato) e un medico non obiettore che lo gestisse.
Se in qualche quartiere di Milano mancava l’asilo nido - come prevedeva la legge - l’allora sindaco Tognoli si ritrovava un gruppo di donne sedute davanti al portone di Palazzo Marino con un cartello che diceva: “Tognolino siamo qua“. E non per un giorno solo: le donne si davano il cambio per 5, 10, 15 giorni, finché l’asilo nido non saltava fuori. 
 
VIOLENZA SESSUALE
L’ultima legge proposta dai movimenti delle donne fu quella sulla violenza sessuale, nel 1980. Il vecchio codice Rocco qualificava lo stupro come semplice “offesa al pudore“, e quindi non perseguibile in sede penale. Ma lo stupro è reato contro la persona, e come tale  doveva essere riconosciuto.
Dopo i grandi successi del passato, le donne pensavano che avrebbero ottenuto questa modifica di legge con relativa facilità, ma già al momento di raccolgliere le firme sorsero delle difficoltà impreviste: alla parola “sessuale“ gli uomini reagivano malissimo, e il più delle volte se ne andavano senza firmare, sibilando fra i denti “puttane“.  
 Per evitare spiacevoli mortificazioni, il movimento si ridusse a raccogliere soltanto le firme di altre donne.  
 Ci volle un anno, ma fu comunque raggiunto il numero di firme necessario per chiedere la modifica della legge, che fu presentata a Roma nel 1981.
Ma a quel punto il movimento delle donne si ritrovò improvvisamente debole e diviso. La spinta iniziale si stava esaurendo, e le lunghe battaglie avevano logorato anche le femministe più tenaci e coriacee. Fu così che le donne di partito riuscirono finalmente a prendere il sopravvento all’interno dell’U.D.I., e di fatto la condussero alla dissoluzione, sancita ufficialmente dal Congresso del 1982.
Nel frattempo, la mancanza di una vera pressione femminile aveva permesso al parlamento di accantonare la legge sulla violenza sessuale, che fu poi approvata solo nel 1996.
In quell’occasione, il partito che l’aveva riesumata se ne fece gloria e vanto, dimenticandosi di spendere una sola parola per tutte quelle donne che 15 anni prima si erano prese delle “puttane” per le strade, per averla proposta in primo luogo.  

CONCLUSIONE

Ma era giusto che finisse così.

Ogni movimento crea nella società una spinta di rinnovamento che alla fine lascia qualcosa di nuovo. E a quel punto le donne, stanche di combattere - e forse anche appagate - sentirono il bisogno di “tornare a casa”, dove ritrovarono una famiglia che, seppure scossa, aveva resistito egregiamente.  
  Ha senso oggi parlare ancora di femminismo attivo?
Il Ministero Delle Pari Opportunità esiste, ma la sua presenza sembra più che altro avallare una antica divisione che oggi non ha più ragione di essere.
Le leggi che sanciscono i diritti delle donne oggi ci sono, anche se alcuni pregiudizi consolidati ne ostacolano a volte l’attuazione. Ma oggi è l’intera società ad essere in crisi, e il bisogno di rinnovamento non si può certo esaurire con la proposta demagogica dei partiti di “garantire il 50% di presenza femminile in parlamento”.
Anche perché la validità del contributo femminile, in politica, è tutt’altro che scontata. In fondo, è  una donna quella parlamentare che alza il dito medio verso la gente che protesta davanti a Montecitorio. È una donna quel Ministro della Salute che dichiara “non nocivi“ i fumi della diossina che esalano dall’immondizia che brucia. È una donna quella radicale che non ha mai speso una parola in difesa dei palestinesi massacrati, ma sostiene che Israele (una delle maggiori potenze nucleari al mondo) ha il diritto di difendersi. E’ una donna quella signora di Milano che ha cercato di affossare quel poco di buono che ancora rimaneva della scuola pubblica italiana.
All’inizio delle loro battaglie, le femministe dicevano “Non ci regaleranno niente”, e avevano ragione, ma oggi è diverso: una volta stabilita e riconosciuta l’eguaglianza dei diritti fondamentali, la donna non può continuare a chiedere posizioni di prestigio solo “perchè donna”, ma deve sapersele meritare. Esattamente come tutti gli altri.

Scritto da Fernanda Alene per luogocomune.net
(Fernanda Alene ha partecipato attivamente al movimento femminista italiano dal 1970 in poi, come dirigente indipendente dell'U.D.I. di Milano)

martedì 8 marzo 2011

UNA BRAVA DONNA




Come dimenticare un giorno importante per tutti noi, le donne !
Quest'anno, ho deciso di fare un omaggio a una persona meravigliosa che ho conosciuto nel coro e chi si  chiama MARA BERNINI. 
Una figura particolare e meravigliosa che farà 87 anni la prossima settimana e cosi,quasi trenta anni di coro.
Mara, tanti auguri!

sabato 6 marzo 2010

GIORNATA DELLA DONNA

AUGURI PER QUESTO GIORNO, 
8 MARZO

Io ho scelto la mia rappresentante per la giornata della donna, 
Una brasiliana, scelta casuale, sì! 
 Ma, invito tutti coloro che stanno leggendo questo blogger di partecipare e anche 
scrivere ad esempio, di una donna, una donna di fibra, autentica, 
che è stato una pietra miliare nella storia delle donne nel mondo.
(Immagine di Chiquinha con 85 anni nel giorno di suo compleano)

Una donna coraggiosa che ha scosso il Rio de Janeiro, nella seconda metà del secolo 19 con la sua musica. Suo nome era Edwige Francisca Neves Gonzaga, o come tutti la chiamavano affettuosamente Chiquinha Gonzaga.
Non solo tutto che ha fatto, presso la musica nazionale è anche una pietra miliare nella storia delle donne nel paese. Femminista Chiquinha ha contestato e trasgredito molti modi maciste nel momento in cui ha vissuto, e ancora di più: ora è considerata una dei più grandi strumentisti e scompositrice di musica brasiliana. Suo lavoro riunisce più di 2000 composizioni.
Nata in Brasile ancora nel tempo della schiavitù, precisamente il 17 ottobre 1847, Chiquinha era la figlia di dei ricchi militari, Basileu José Neves Gonzaga e la mulatta Maria Rosa de Lima Gonzaga.


In un momento in cui le donne dovrebbero sposarsi, avere figli e di uscire poco della casa, dedicando tutta la sua vita al marito e di essere costretti a vivere in un soffocante patriarcato, Chiquinha ha studiato musica. Il suo insegnante di pianoforte è stato il direttore d'orchestra Lobo.
Si ha sposato all'età di 13 anni con il ufficiale della Marina Jacinto Ribeiro do Amaral, che non ha mai accettato che sua moglie andasse alle “Sarau Popolare”, che ha reso il matrimonio imposto dal padre di Chiquinha, veloce e pieno di combattimenti.
Con 18 anni, Chiquinha ha lasciato il marito e la casa dove vivevano insieme. Matrimonio fallito s’innamorò di un ingegnere delle ferrovie e hanno cominciato a vivere insieme.
Mentre lui stava costruendo la ferrovia nella Serra Mantiqueira, hanno vissuto felice insieme, viaggiando qui, lì e la come causa del lavoro di lui. Quando la costruzione è stata finita e sono tornati a Rio de Janeiro, il confronto con una società che gli conoscevano e gli condonavano, ha fatto l'loro amore durare un breve tempo. Si Separarono e lei andò a lavorare, vivendo con molta difficoltà.


Sola Chiquinha è stata costretta a dare lezioni di pianoforte per sostenere i loro figli. Ha conosciuto quindi il flautista Antonio da Silva Calado, che l’ha introdotta nelle parti e le “Ruote dei Piagnoni”. In questi incontri con i musicisti bohemien a Rio nel 1877, scrisse, improvvisamente, la polka "attraente", il suo primo grande successo.
E 'stato anche in questo periodo che Chiquinha Gonzaga, che desiderava entrare nel teatro (all'epoca era un po' chiuso alle donne), ha messo in musica il libretto di Arthur Anderson, "Viaggio al Parnaso", che nonostante splendida, è stato respinto per molto imprenditore teatrale, perché suo autore era una donna. Ma questo non l’ha fatto arrendersi, ha scritto e messo la musica a un brano in uno atto "Festa di San Giovanni" nel 1883.

Due anni più tardi, ha messo musica all’operetta dei costumi operetta "La Corte in Compagnia”, con poesia di Francesco Sodré. Il debutto di questo lavoro si è verificato presso nel Teatro Imperiali (dopo S. Giuseppe), a Rio de Janeiro, attraverso il gruppo portoghese Souza Bastos. E 'con quest’ operetta che Chiquinha si è diffusa nel mondo della musica brasiliana. In quello stesso anno, è stata direttrice del gruppo di musicisti del teatro e la banda della polizia militare, diventando la prima donna a dirigere un'orchestra in Brasile. Nel 1887, ha fatto in Teatro São Pedro, Rio de Janeiro, un concerto con 100 chitarre. A quel tempo, Chiquinha ha partecipato attivamente al movimento per la liberazione degli schiavi. Vendeva porta a porta sua musica, al fine di raccogliere fondi per la “Confederazione Per la Libertà (organizzazione anti-schiavitù). Con i soldi che ha ricevuto per la vendita della canzone “Caramuru” è riuscita a comprare nel 1888, l'emancipazione degli schiavi e musicista José Flauto, anticipando di pochi mesi la legge “Aurea”. E 'stata anche un partecipante attiva nella campagna per la Repubblica.
Nel 1897, lei ha composto il ritmo di tango rurali “Corta-Jaca” il tango "Gaucho", pubblicato nel brano "Zizinha Maxixe”, di Machado Careca, che ha fatto in quello momento, molto successo a ballare questa canzone con la sua compagna Maria Lino. Machado Careca, quattro anni più tardi, ha fatto le parole per la composizione, che è stata rinominata "Corta-Jaca. Questa canzone è stata un tale successo è stata inclusa nella rivista luso-brasiliana "Qui e La", in scena in Portogallo ed eseguito, suonata per la moglie del presidente brasiliano, Nair Tefe, in un’audizione nel Palazzo Catete. La performance musicale di lei, al momento è stata considerata una violazione del protocollo, provocando scandalo ai livelli più alti del potere in Brasile. Rui Barbosa ha fatto il suo "discorso", dopo la violazione del protocollo da parte Nair Tefe sulla musica e la danza "... il più basso, più cattivo, il più grossolano di tutti i balli sfrenati, sorella gemella del batuque, cateretê e samba.

(Rio antico)

Nel 1899, mentre si ascolta la prova “Cordao Rosa di Oro”, in Andarai, Chiquinha ha composto la prima marcia carnevale dal titolo "Ó Abre Alas". Poi, nel 1902, fece un viaggio in Europa, ha visitato il Portogallo, Spagna, Italia, Francia, Germania, Belgio, Inghilterra e Scozia. Due anni più tardi lei sarebbe stata invitata a presentare nella sala Neuparth, Lisbona, e nella chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, in Benfica, Lisbona. Nel 1906, è diventata molto conosciuta dal pubblico portoghese dopo avere messo musica in alcuni pezzi di autori portoghesi, tra i quali "Le tre Grazie e lo Stivale del Diavolo". Tornata in Brasile solo nel 1912, per partecipare al debutto di "Forrobodó", operetta in tre atti scritta da Luiz Peixoto e Carlos Bittencourt, in cui Chiquinha ha messo la musica. L'operetta, una deliberata caricatura di una festività dell’élite brasiliana, ha avuto 1500 presentazioni ed è stata un grande successo popolare.

Nel 1915, ha fatto la musica per il pezzo "La Sertaneja" di Viriato Correia. Nel 27 settembre 1917, ha partecipato alla fondazione della Società di Sollevazione, lo SBAT. Nel 1919, ha lanciato la campagna fondi per la costruzione di una nuova tomba per Francisco Manuel da Silva, compositore dell'inno nazionale del Brasile. La sua ultima opera, la musica del pezzo "Maria" da Viriato Correia, risale al 1933. Chiquinha morì nel 1935, ma la sua opera è ricordata nella storia della musica brasiliana. Durante la sua vita ha affrontato tutti i tipi di pregiudizi.


Ha avuto problemi con il governo, volto a tante "opinioni" cattive che la società aveva di lei, ed è stata considerata sovversiva.
Tutto questo per conto del suo genio e il suo spirito libertario. E 'stata lei che per la prima volta ha promosso concerti nei teatri, dove non è stato possibile introdurre strumenti come la chitarra, perché questi strumenti più popolari, erano appartenenti a un mondo di delinquenti e prostitute. Chiquinha è stata una dei responsabili per la nazionalizzazione della musica brasiliana in un tempo, dove tutto era venuto dall'Europa.
(Renato Rorchel - Banco de Dados)
 

mercoledì 3 marzo 2010

GIORNATA DELLA DONNA


8 MARZO 
"GIORNATA DELLA DONNA"
 Fra poche giorni sarà l'8 marzo, quando si celebra la tanto discussa Festa delle donne, che fra la'altro non è un giorno di festa ma la Giornata internazionale della donna.
Colgo quindi l'occasione per fare gli auguri a tutte le donne della rete e anche fare una piccola riflessione.
Ma qualcuno si ricorda il perchè di questa festa, i reali motivi??
Sempre più persone pensano che basti regalare una mazzetto di mimose e fare gli auguri su Facebook a tutte le proprie amiche e conoscenti per essere a posto per gli altri 364 giorni l'anno.
No mi spiace non basta!!!!
Beh ho deciso di postare qualcosa di questa festa a cui sono particolarmente affezionata ed attaccata, perchè non ci è stato imposto da qualcuno così tanto per... (S.Valentino).
Ma simbolo di celebrazione di conquiste sociali e politiche!!Correva l'anno 1946, ed era conclusa la guerra, e si volle celebrare l'8 marzo, che già esisteva da alcuni decenni, in tutt'Italia.
In una riunione preparatoria a Roma dell'UDI (Unione Donne Italiane) nacque l'idea di mettere all'occhiello un fiore che potesse caratterizzare la giornata, come accade con il garofano rosso per il 1°maggio.
Ci voleva dunque un fiore reperibile agli inizi di marzo poiché all'epoca le serre erano poche e non arrivavano fiori da altri luoghi con la penuria che c'era.
Alle donne romane vennero in mente gli alberi di mimosa coperti di fiori gialli, quando ancora le altre piante erano spoglie, che crescevano rigogliosi in tanti giardini di Roma e dei Castelli.
L'idea ebbe successo: e così da allora la mimosa viene offerta dai bimbi alle mamme, dai fidanzati alle fidanzate, dai mariti alle mogli, dai ministri alle impiegate...
Insomma una scelta casuale ma dal significato felice perché la mimosa simboleggia il passaggio dalla morte a uno stato di luce nella Luce: emblema dunque di rinascita, di vittoria.
Ma se l'idea della mimosa per l'8 marzo è tutta italiana, forse molti di voi non conoscete l'origine americana della celebrazione dei quella giornata, che è nata negli Stati Uniti, a un raduno delle donne socialiste. 

8 marzo è, dal 1975, celebrata dalle Nazioni Unite come Giornata Internazionale della Donna.
In questo giorno, nel corso dell'anno 1857, gli operai di una fabbrica tessile a New York sono scesi in sciopero davante la fabbrica per richiedere una riduzione del tempo di più di 16 ore al giorno per 10 ore. Questi lavoratori, che ricevevano meno di un terzo del salario degli uomini, sono stati chiusi in fabbrica, dove, però, ci aveva dichiarato un incendio, e circa 130 donne sono morte carbonizzate.
Nel 1903, i professionisti, degli Stati Uniti hanno creato la Women's Trade Union League. L'associazione aveva come obiettivo aiutare tutti i lavoratori per chiedere migliori condizioni di lavoro.
Nel 1908, oltre 14 mila donne hanno marciato per le strade di New York: rivendicando la stessa cosa che i lavoratori nel 1857, nonchè il diritto di voto. Hanno camminato con lo slogan "Pane e Rose, dove il pane sarebbi il simbolo della stabilità economica e le rose, una migliore qualità della vita. 

Nel 1910, una conferenza internazionale della donna tenuta in Danimarca, si è deciso di onorare le donne, per commemorare l'8 marzo come "Giornata internazionale della donna”.
Insomma, come vedete non c'è niente di festivo in quella giornata che occorrerebbe invece dedicare a riflettere sui tanti ruoli non riconosciuti e ai tanti problemi che ancora deve affrontare la donna nel mondo intero.
Dagli stupri alle violenze in famiglia; dalla sottomissione nei paesi islamici alla mancanza di assistenza alle donne con figli... e tanti altri problemi ancora.