AMORE PER LA MUSICA

Una magia che si rinnova ogni giorno, ad ogni ora, e in ogni momento!
La musica non ha confini, non ha limiti, non muore mai! Sembra fatta da milioni di note eppure...
Sono solo sette, che saltellano di qua e di là, e si insinuano nei nostri pensieri.
La musica riesce a sfiorare la nostra anima a riaccendere i nostri ricordi ad esaltare le nostre emozioni.
E il mondo forse non potrebbe esistere senza!
(Stonenge, 09062009)

INFORMAZIONI PERSONALI

Certaldo, Firenze, Italy
Diretta dal Maestro Damiano Santini, la Corale Certaldese, attualmente è composta da circa trenta cantori ed è iscritta alla Associazione Cori della Toscana. Il repertorio della corale è vario; spazia dalla polifonia sacra e profana, ai canti popolari, agli spirituali, ai cori lirici. Ha partecipato a varie manifestazioni culturali ed ha tenuto numerosi concerti nelle vicine cittadine toscane ed in altre regioni italiane. Oltre a scambi culturali con altre corali italiane ed estere.

domenica 31 gennaio 2010

CHORAL - Seconda Parte


SECONDA PARTE

CLASSIFICAZIONE DEI CORI
I cori possono essere classificati in base ai seguenti criteri:
1.Secondo l'organico
Voci pari (solo uomini o solo donne)
Cori virili (solo uomini)
2.Coro di voci bianche in concerto
Cori femminili (solo donne)
Voci miste (uomini e donne)
Cori di voci bianche (bambini)
3.Secondo il numero dei componenti
Gruppo vocale o gruppo madrigalistico (da tre a dodici componenti)
Gruppo corale (con più di dodici elementi)
4.Secondo il repertorio
Coro con repertorio sacro monodico (gregoriano)
Coro polifonico con repertorio sacro
oro polifonico con repertorio profano
Coro polifonico con repertorio canto popolare
Coro di montagna o alpino
Coro liturgico
Coro ecumenico
Coro gospel o spiritual
Coro barbershop
Coro pop

N.B. Un coro può appartenere anche a più sottocategorie repertoriali.

LE VOCI DEL CORO
Le sezioni di un coro
Le composizioni corali possono prevedere organici per una sola voce (coro all'unisono) o per due o più voci (alcune composizioni possono arrivare ad una divisione fino a 40 o più parti reali, come ad es. il mottetto "Spem in alium" di Thomas Tallis per otto cori a cinque voci o la "Messa Salisburghese" attribuita a Orazio Benevoli, per 56 voci. La pratica più comune è quella che vede il coro dividersi in quattro, cinque parti, fino al doppio coro ad otto voci.

LE ASSOCIAZONI CORALI
La maggior parte delle formazioni corali è composta da coristi non professionisti guidati da un direttore professionista. In Italia la realtà corale vanta tradizioni antiche e di prestigio, numerosi sono i cori iscritti alle associazioni corali provinciali e regionali le quali, unite, compongono la federazione nazionale corale conosciuta con il nome di Feniarco

lunedì 25 gennaio 2010

CHORAL - Prima Parte



PRIMA PARTE

Coro è un insieme di persone che, sotto la guida di un direttore, si esprime artisticamente attraverso il canto. I suoi componenti sono detti cantori (o coristi). Il termine coro può denominare, in modo generico, anche una composizione musicale scritta per tale organico.
Il canto corale è un'espressione artistica presente in tutti i continenti e pressoché in ogni livello culturale e di sviluppo.Se in origine il coro è quasi sempre un elemento associato all'ambito religioso e al lavoro di gruppo, in epoche più recente si è liberato di queste funzione per assumerne alcune autonome.

Il coro affonda le sue radici nel passato, e si attribuisce l'invenzione "moderna" di questa pratica musicale agli antichi greci (coro greco) i quali la utilizzavano nel teatro, durante lo svolgimento delle tragedie, come voce narrante esterna alle scene. Si può sottolineare come il termine coro (choròs) non possedesse un significato musicale, ma indicasse inizialmente il luogo e in un secondo tempo il gruppo di danzatori presenti sulla scena.

Durante il Medioevo l'influsso del pensiero cristiano attribuisce al coro il riflesso terreno dei cori paradisiaci e dal IV secolo la parola coro inizia ad indicare l'atto compiuto dai chierici, dai monaci all'interno della Scholae cantorum. Quindi il coro entra nelle chiese ed acquista un suo ben determinato spazio architettonico, basti pensare ai luoghi di culto durante il periodo romanico e gotico.
Il canto gregoriano e ambrosiano influenzano tutta la pratica corale medioevale e solo dopo il 1000 si formano le caratteristiche foniche moderne grazie all'arte polifonica. Se inizialmente il coro polifonico è legato alla musica strumentale dal Cinquecento , passando attraverso le scuole dei Paesi Bassi e Romana (Palestrina), la definizione di coro si allarga anche all'aspetto vocale.

Contemporaneamente alla diversificazione dei cori, si diffonde il coro profano che rientra a pieno titolo nel teatro, questa volta però musicale.
Dopo un periodo di declino, causato dal successo del bel canto e della musica strumentale, il coro risorge con Beethoven e con i romantici e si introduce nella sinfonia.
Il coro subisce trasformazioni con le sperimentazioni del Novecento, quali l'includimento del coro nei processi compositivi elettronici (Stockhausen).
(Wikiped)

sabato 23 gennaio 2010

GIUSSEPE VERDI

(Busseto, October 10, 1813 - Milão, 27 de janeiro de 1901)
È stato un romantiche compositore, soprattutto di Opera. Egli è stato uno dei musicisti più influenti del 19 ° secolo. Le sue opere sono spesso eseguite in teatri d'opera in tutto il mondo e, superando i confini del genere, alcuni dei suoi temi hanno da qualche tempo messo radici nella cultura popolare - come ad esempio "La donna è mobile" da Rigoletto, "Va, pensiero" (Il Coro degli Schiavi ebraico) da Nabucco, "Libiamo né 'lieti calici" (The Drinking Song) da La Traviata e Triumphal March da Aida. Anche se il suo lavoro è stato spesso criticato per l'utilizzo di un modello universale diatonica piuttosto che un cromatiche linguaggio musicale e con una tendenza verso melodramma, Capolavori di Verdi domina il repertorio standard di un secolo e mezzo dopo la loro composizione.

VITA E OPERE
Verdi manifestò precocemente il proprio talento musicale, come testimonia la scritta posta sulla spinetta dal cembalaro Cavalletti, che nel 1821 la riparò gratuitamente "vedendo la buona disposizione che ha il giovinetto Giuseppe Verdi d'imparare a suonare questo istrumento".
La prima formazione del futuro compositore avvenne tuttavia sia frequentando la ricca biblioteca della Scuola dei Gesuiti a Busseto, ancora esistente, sia prendendo lezioni da Ferdinando Provesi, maestro dei locali filarmonici, che gli insegnò i principi della composizione musicale e della pratica strumentale.
Verdi aveva solo quindici anni quando, nel 1828, una sua sinfonia d'apertura fu eseguita, in luogo di quella di Rossini, nel corso di una rappresentazione de Il barbiere di Siviglia al teatro di Busseto. Nel 1832 si stabilì a Milano, grazie all'aiuto economico di Antonio Barezzi e ad una "pensione" elargitagli dal Monte di Pietà di Busseto.
A Milano tentò inutilmente di essere ammesso presso il locale importante Conservatorio e fu per diversi anni allievo di Vincenzo Lavigna, maestro concertatore alla Scala.

Nel 1836 sposò Margherita Barezzi, ventiduenne figlia del suo benefattore, con la quale due anni più tardi andò a vivere a Milano, in una modesta abitazione.
Nel 1839 riuscì finalmente, dopo quattro anni di lavoro, a far rappresentare la sua prima opera alla Scala: era l'Oberto, Conte di San Bonifacio, su libretto originale di Antonio Piazza, largamente rivisto e riadattato da Temistocle Solera.
L'Oberto era un lavoro di stampo donizettiano, ma alcune sue peculiarità drammatiche piacquero al pubblico tanto che l'opera ebbe un buon successo e quattordici repliche.

Visto l'esito dell'Oberto, l'impresario della Scala Bartolomeo Merelli gli commissionò la commedia Un giorno di regno, andata in scena con esito disastroso.
L'insuccesso dell'opera ebbe dovuto, con ogni probabilità, alle condizioni in cui fu composta. Un tremendo dolore attanagliava Verdi a causa della tragedia familiare che aveva vissuto: la morte della moglie e dei figli avuti da lei.
La prima ad andarsene era stata la piccola Virginia Maria, nata nel marzo 1837 e morta nell'agosto 1838; Icilio Romano, nato nel luglio 1838, era morto invece nell'ottobre 1839. Infine la loro madre Margherita era spirata nel giugno 1840.
Verdi era solo, privo ormai della sua famiglia.
Ciò aveva gettato il musicista nel più profondo sconforto, e per ironia della sorte l'opera che gli era stata richiesta doveva essere comica.

Fu ancora Merelli a convincerlo a non abbandonare la lirica, consegnandogli personalmente un libretto di soggetto biblico, il Nabucco, scritto da Temistocle Solera, che Verdi accettò di musicare.
L'opera andò in scena il 9 marzo 1842 al Teatro alla Scala e il successo fu questa volta trionfale. Fu replicata ben 64 volte solo nel suo primo anno di esecuzione.

Con Nabucco iniziò la parabola ascendente di Verdi. Sotto il profilo musicale l'opera presenta ancora un impianto belcantistico, in linea con i gusti del pubblico italiano del tempo, ma teatralmente è un'opera riuscita, nonostante la debolezza e alcune ingenuità del libretto.
Lo sviluppo dell'azione è rapido, incisivo, e tale caratteristica avrebbe contraddistinto anche la successiva, e più matura, produzione del compositore.
Alcuni personaggi, come Nabucodonosor e Abigaille, sono molto caratterizzati sotto il profilo drammaturgico, così come il popolo ebraico, che si esprime in forma corale, unitaria, e che forse rappresenta il protagonista vero di questa prima, espressiva, creazione verdiana.
Uno dei cori dell'opera, il celebre Va pensiero finì col divenire una sorta di canto doloroso o inno contro l'occupante austriaco, diffondendosi rapidamente in Lombardia e nel resto d'Italia. Nel periodo dell'unificazione italiana "viva Verdi" significava: "Viva Vittorio Emanuele Re D'Italia". Ciò era successo proprio grazie a quest'opera che risvegliava il patriottismo negli italiani.

Un anno più tardi, con Rigoletto (Venezia, 1851), Verdi si sarebbe tuttavia imposto come il massimo operista italiano del suo tempo.
Rigoletto fu seguito da altri due capolavori assoluti, Il trovatore e La traviata, che formano con esso la cosiddetta "trilogia popolare", o (più impropriamente) "romantica", del compositore bussetano. Tratto da una pièce di Victor Hugo, Le roi s'amuse, Rigoletto è un'opera profondamente innovativa, sotto il profilo drammaturgico e musicale.
Per la prima volta al centro della vicenda di un'opera drammatica troviamo un buffone di corte, cioè un personaggio che, utilizzando una terminologia moderna, potremmo definire un "emarginato sociale".
La dimensione emotiva dei protagonisti è colta da Verdi magistralmente attraverso una partitura messa al servizio del dramma e di straordinaria bellezza melodica.
Azione e musica sembrano rincorrersi e sostenersi mutuamente in una vicenda che ha un ritmo di sviluppo rapido, senza cedimenti né parti superflue.

Il miracolo si ripeté con Il trovatore (Roma, 1853), opera dall'impianto più tradizionale, ma altrettanto affascinante. Dramma di grande originalità oltretutto, perché si struttura su una vicenda povera di avvenimenti e dove i protagonisti o sono proiettati verso un futuro gravido di incognite, o immersi nei ricordi di un passato lontano che ne condiziona l'azione e che li sospinge verso un destino di morte ineluttabile.
Con quest'opera Verdi scrisse alcune fra le sue pagine più alte, ricche di patetismo e suggestioni tardo-romantiche che sarebbero nuovamente emersi pochi mesi più tardi, nella terza opera, in ordine cronologico, della trilogia: La traviata.

La traviata (Venezia, 1853) ruota attorno alla storia di una cortigiana travolta dall'amore per un giovane di buona famiglia.
Più che su alcuni accadimenti esteriori, la vicenda è vissuta all'interno della coscienza della protagonista la cui natura umana è scandagliata da Verdi in tutte le sue minime sfumature. Le scelte stilistiche del grande compositore sono sempre adeguate alla complessa drammaturgia dell'opera e si traducono in un raffinamento orchestrale e in una complessità armonica la cui modernità non venne all'epoca pienamente recepita.
Oggigiorno alcuni critici considerano La Traviata una vera e propria pietra miliare nella creazione del dramma borghese degli ultimi decenni dell'ottocento e ne evidenziano l'influenza su Puccini e gli autori veristi suoi contemporanei

Verdi trascorse gli ultimi anni tra Sant'Agata e Milano. Nel 1897 la moglie Giuseppina morì, lasciandolo solo nella sua lunga vecchiaia.
Nel 1899 istituì l'Opera Pia - Casa di Riposo per i Musicisti: redigendo il testamento, stabilì molti legati destinati ad essa e a vari altri enti sociali, mentre istituì erede universale delle sue ingenti ricchezze una cugina (da parte di padre) di Busseto, Filomena Verdi, la cui storia è quella di una fortunata Cenerentola. Di famiglia poverissima, aveva abitato con Carlo Verdi, che aveva voluto strapparla alla miseria di casa sua.
Quando il padre di Verdi morì (1867), il musicista e Giuseppina presero a loro volta in casa la bambina di sette anni, che ribattezzarono Maria ed educarono con ogni cura, considerandola una figlia a tutti gli effetti.
In seguito la ragazza si sposò con il figlio del notaio Carrara, loro buon amico, ed ebbe quattro figli maschi. Fu lei a prendersi cura del Maestro rimasto vedovo, e fu lei presente al suo letto di morte, insieme alla cantante Teresa Stolz.

LA MORTE
Verdi morì a Milano in un appartamento, dove era solito alloggiare dal 1872 al Grand Hotel et De Milan, il 27 gennaio 1901, a 87 anni.
Era venuto nella città lombarda per trascorrervi l'inverno, come faceva da qualche tempo. Colto da malore, spirò dopo sei giorni di agonia.
Il Maestro lasciò istruzioni per i suoi funerali: si sarebbero dovuti svolgere all'alba, o al tramonto, senza sfarzo né musica. Volle esequie semplici, come semplice era sempre stata la sua vita.
Le ultime volontà del compositore furono rispettate, ma non meno di centomila persone seguirono in silenzio il feretro.
Nei giorni che precedettero la morte di Verdi via Broletto e le strade circostanti furono cosparse di paglia affinché lo scalpitio dei cavalli e il rumore delle carrozze non ne disturbassero il riposo.

Tra le cerimonie svoltesi in tutta Italia per commemorare la morte di Verdi, particolarmente affascinante fu quella che si svolse, alla presenza del Duca di Genova, nel teatro greco di Siracusa.
Fu stampata anche una cartolina commemorativa in occasione del luttuoso evento, mentre sia Pascoli che D'Annunzio scrissero composizioni poetiche in sua memoria.

IL VERDI NON OPERISTICO
Verdi si cimentò anche al di fuori dal campo operistico.
Dopo aver ricevuto la formazione di maestro di cappella - secondo la prassi  italiana dell'epoca - scrisse molta musica sacra e strumentale, destinata per lo più alla locale Società filarmonica. Ricordiamo di questo periodo (1836-1839) un Tantum ergo, che il compositore giudicò molto severamente negli anni della propria maturità. Dall'Oberto (1839) abbandonò, per oltre vent'anni, i generi non operistici, con l'eccezione della musica da camera (fra cui alcune romanze da salotto).
Nel 1862 compose, per l'Esposizione Universale di Londra, l'Inno delle Nazioni su testo di Boito. Molti anni più tardi, Verdi scrisse una Messa di requiem per la morte di Alessandro Manzoni (rappresentata nella Chiesa di San Marco a Milano il 22 maggio 1874). In realtà già dopo la morte di Rossini (1868), Verdi aveva proposto a ben undici compositori italiani del tempo, come omaggio collettivo al compositore pesarese, un Requiem mai realizzato.
Per sé aveva riservato l'ultimo brano, quel Libera me, Domine che avrebbe recuperato in seguito, inserendolo, con alcuni cambiamenti, nel Requiem per Manzoni.
Sempre nel campo della musica sacra, Verdi compose un Pater noster, su testo in volgare di Dante, pubblicato nel 1880 e i Quattro pezzi sacri, composti nella tarda maturità e pubblicati nel 1898: Ave Maria, Stabat Mater, Laudi alla Vergine e Te Deum.
Di Verdi, nel genere cameristico, ricordiamo alcune opere giovanili come le Sei romanze (ed. 1838) e Album di sei romanze (ed. 1845) per voce e pianoforte e il Quartetto per archi in mi minore (1873).
(Wikipedia)